25 settembre 2011

Il femminismo italiano degli anni settanta: (brevissimi) appunti per un ripasso privato a uso pubblico


The italian '70s feminism: personal review (very short) notes for public consumption

C'è stata una forte discussione, ed il dibattito è tutt'oggi aperto, sulla derivazione del neofemminismo dal movimento degli studenti o sulla autonomia e discontinuità con questa esperienza.
Penso che in realtà le due cose siano meno contrastanti di quanto non appaiano, proprio a causa della molecolarità del neofemminismo italiano. Se da un lato è vero che i primi collettivi anticiparono le grandi mobilitazioni studentesche, è vero anche che il movimento studentesco per molte donne rappresentò l'inizio e il luogo privilegiato di una riflessione sui rapporti di potere tra i sessi che le avrebbe poi condotte al femminismo.
Il movimento delle donne è, in ordine temporale, l’ultimo movimento politico  a diventare visibile sulla scena politica e sociale, ma quello destinato a lasciare sul lungo periodo il segno più profondo nella società, nei comportamenti, nei costumi, nelle mentalità, nel modo di relazionarsi tra le persone.
La genesi del neofemminismo italiano si colloca molto precocemente nel 1965, anno in cui nasce il gruppo Demau Demistificazione autoritarismo divenuto poi Demistificazione autoritarismo patriarcale, un gruppo promosso da donne di cui fanno parte anche alcuni uomini.
É, però, a partire dal 1970 che si assiste, in tutta Italia, ad una vera e propria fioritura di gruppi e collettivi di sole donne molto diversi tra loro, soprattutto per quanto riguarda i riferimenti culturali ed ideologici.
Da subito le donne iniziano ad occupare pubblicamente lo spazio con il proprio corpo, diventando un soggetto politico ineludibile.
La presa di parola, prevalente in una prima fase, si accompagnò, quasi immediatamente, ad un’altra pratica, quella della scoperta e della conoscenza concreta del proprio corpo, attraverso il dialogo e il confronto con le altre donne.
Nel volgere di pochissimi anni l’effetto dell’apparizione di questa nuova soggettività femminile fu dirompente e capillare.
Gli anni di massima visibilità sulla scena pubblica, quelli che vanno dal '74 al '77, furono contemporaneamente quelli delle prime crisi.
Emergevano sempre più nettamente le differenze interne ai gruppi di donne e si faceva sempre più evidente, anche nello spazio pubblico, l'impossibilità di una tanto ideale quanto impossibile sorellanza fondante le relazioni e le azioni delle donne.
A poco a poco diventa sempre più centrale la questione della "differenza sessuale", anche grazie alla tempestiva traduzione di Speculum di Luce Irigaray da parte di Luisa Muraro e alla nascita della Libreria delle Donne.
La discussione sull'aborto può essere considerata una causa interna di messa in crisi del femminismo, le cause esterne possono essere individuate negli spazi tolti dal terrorismo ai movimenti, che ne furono uccisi e al femminismo in particolare, anche se fu l'unico a sopravvivere.
Molti definirono "colpevole" il silenzio delle femministe sul terrorismo, un silenzio che silenzio non era, ma che veniva riempito di senso da molte militanti.
Le elaborazioni femministe che hanno prevalso negli anni ‘80 e ‘90, legate all'impostazione filosofica del pensiero della differenza, che comportava implicitamente un rifiuto della storia, hanno costruito e trasmesso una visione paradossale per cui proprio il femminismo italiano, che aveva avuto un carattere di massa superiore a quello di ogni altro paese, è stato rappresentato come un percorso teorico di piccoli gruppi o di singole pensatrici, sia pure grandi (Carla Lonzi su tutte).
Un nodo critico non indifferente, come ha magistralmente rilevato Anna Rossi-Doria, è rappresentato dalla questione relativa al nesso tra femminismo e democrazia: nei collettivi il rifiuto radicale di regole formalizzate, che si pensava fossero di per sé improntate a un modo di ragionare e fare politica ‘maschile’, portò nei fatti alla prevalenza di forme di leadership di tipo carismatico, legate paradossalmente da un lato alla fusionalità che schiacciava le individualità, ma dall'altro proprio alla potenza individuale della seduzione.
Nel femminismo degli anni Settanta mancò, con rarissime eccezioni, un'analisi delle differenze di classe tra donne, forse proprio perché in Italia era stata forte la tradizione marxista da cui molte provenivano e con cui si voleva rompere in modo radicale come con tutto il resto.

Bibliografia di riferimento/Bibliography
Teresa Bertilotti, Anna Scattigno, a c. di, Il femminismo degli anni Settanta, Roma, Viella, 2005.
Anna Rossi-Doria, Dare forma al silenzio, Roma, Viella, 2007.
George Duby, Michelle Perrot, Storia delle donne - Il Novecento, Roma - Bari, Laterza, 1992.
Yasmine Ergas, Tra sesso e genere, in «Memoria. Rivista di storia delle donne», 1987, n. 19-20.
Stefania Voli, I movimenti femministi degli anni settanta e il post-femminismo, intervento al Convegno “1908-2008: dall'uguaglianza alle differenze di genere. Cent'anni di storia delle donne nella pianura bolognese”, Budrio, 8 marzo 2008.


Valentina

Nessun commento: